top of page

IL GIOCO E' BELLO

QUANDO RUBA POCO

Performances/installation

15th Venice Architecture Biennale

Uruguayan pavillon, Venice, 2016

 

curator Marcelo Danza

with 

Miguel Fascioli, Jose de los Santos, Marcelo Staricco Fiorentino, Diego Cataldo  

Natalia Agati, Lorenzo Bottiglieri, Costanza Coletti, Matteo Locci, Florian Loesch, Serena Olcuire, Enrico Perini, 

Maria Rocco, Panagiotis Samsarelos, BURB

The Tupamaros' legacy, focus of the Uruguayan pavilion, is here red trough the story of the original 1925 flag of the 33 Orientals robbed in 1969 by the OPR33 cell of the guerrilla movement. After more than 40 years the flag appeared again in 2016 and becomes the inspiration for the installation.

In the framework of Alejandro Aravena’s Reporting from the front Biennale we were invited by the Uruguayan pavilion to develop the site specific project RebootATI.

Throughout the inauguration days we proposed biennale’s visitors to collect objects from other pavilions in order to create a communal transnational report to be archived, shipped and later exposed in Montevideo.

Equipped with an invisibility cloak visitors were invited to subtract pieces from other exhibition according to their personal ethics: if individual theft is considered a criminal act, we pushed for a collective accumulation towards a subversive action.

Within an exhibition dealing with paralegal architecture and self organized communities, it was important for us to underline the relevance of illegality and suggest its acceptance as a main component of informality beyond its pauperistic and hypocritical perception.

Committed to the proposal, visitors deeply engaged themselves in the playful- subversive report by stuffing our archive with their booty, up to the critical point that the performance had to be stopped.

The archive is now closed, painted in white and no one will have the chance to see any sign of the aforementioned intervention.

You may now enjoy the legal biennale.

L’eredità Tupamaros, tema centrale del padiglione Uruguay, è qui riletta a partire della storica bandiera dei 33 orientalales. Quest'ultima costituisce nel 1825 il simbolo del movimento d’indipendenza nazionale in Uruguay e nel 1969 viene rubata per mano del gruppo OPR 33, costola del movimento guerrigliero stesso. Dopo oltre 40 anni, nel 2016, la bandiera ricompare improvvisamente e diventa ispirazione dell’installazione. 

 

All’interno della Biennale curata da Alejandro Aravena Reporting from the front siamo stati invitati dal padiglione Uruguay a sviluppare un progetto site specific, RebootATI.

Durante i giorni dell’inaugurazione abbiamo proposto ai visitatori della Biennale di raccogliere oggetti dagli altri padiglioni, con il fine di creare un report comune e transnazionale da archiviare, imballare e quindi esporre tra qualche mese a Montevideo.
Armati di mantelli dell’invisibilità, i visitatori sono stati invitati a sottrarre, secondo coscienza personale, oggetti da altre installazioni: se il furto individuale è considerato criminale, abbiamo spronato ad un'accumulazione collettiva, intesa come forma di espressione sovversiva.

All'interno di una biennale densa di esempi di architettura para-formale e para-legale, è stato importante evidenziare la componente illegale dell’informalità con il fine di scardinarne una percezione edulcorata ed ipocrita, che si dimentica della matrice criminale della sovversione.
I visitatori hanno reagito attivamente alla proposta ludico-sovversiva riempiendo il nostro deposito di refurtiva con tale partecipazione, che siamo stati rapidamente obbligati a interrompere il progetto.

Il magazzino è ora chiuso, imbiancato e ripulito, totalmente privo di documentazione.

Ora la biennale può essere visitata nella piena legalità.

bottom of page